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Covid, lo spettacolo di medici e infermieri del Papa Giovanni. La tragedia della pandemia in teatro- Corriere.it


di Federico Fumagalli

Si chiama «Giorni muti, notti bianche». Il testo della rappresentazione scritto dai sanitari del pronto soccorso dell’ospedale. «Strappati all’oblio i momenti più duri della pandemia»

In attesa che il Festival di Berlino presenti «Le mura di Bergamo» (domani la proiezione ufficiale) — il film di Stefano Savona, atteso come il documentario definitivo sul Covid 19 — anche il palcoscenico si esprime. Forte della necessità di raccontare ciò che il virus è stato per Bergamo.

Il teatro, da sempre abituato a maneggiare il tragico, rappresenta una tragedia contemporanea. E lo fa attraverso le parole e i corpi, di chi quella tragedia l’ha affrontata davvero. Non serve che i protagonisti dello

spettacolo «Giorni muti, notti bianche»
vengano definiti eroi. È sufficiente chiamarli per il ruolo che rivestono tutti i giorni, all’ospedale Papa Giovanni XXIII. Medici e infermieri del pronto soccorso hanno ideato il progetto e scritto il testo. Infine, lo reciteranno il 16 e 28 marzo al Sociale di Città Alta. Il 18 saranno al Teatro San Filippo Neri di Nembro. L’ultima rappresentazione è in calendario il prossimo 15 aprile, al centro culturale Aldo Moro di Orzinuovi. Il progetto è inserito nel programma di Bergamo-Brescia Capitale italiana della Cultura 2023.

«L’epidemia di Covid 19 — spiega il sindaco Giorgio Gori — ha colpito la nostra città come nessun’altra in Europa. Nell’epidemia, Bergamo ha però trovato energie che forse nemmeno sapeva di avere. “Giorni muti, notti bianche” è l’occasione per ricordare quel periodo assurdo. Oltre che per rinnovare il mio ringraziamento a chi si è prodigato per tutti noi». Uomini e donne che, nell’occasione teatrale, hanno avuto il coraggio di «portare in scena noi stessi, un ruolo davvero complesso. Forse sarebbe stato più semplice interpretare personaggi», spiega, in un video introduttivo, la dottoressa
Francesca Maltese. Lei c’era nei giorni più bui di marzo 2020, quando il virus era ancora sconosciuto e sembrava incontrollabile. «Questa è una esperienza bellissima — continua Maltese —. Ci sono affinità tra la squadra che siamo in corsia e quella che si è formata in palcoscenico». È d’accordo la regista Silvia Briozzo, che da gennaio 2022 guida il laboratorio teatrale da cui ha preso forma lo spettacolo: «Da subito ho avuto l’impressione di trovarmi davanti a una compagnia che lavorava insieme da almeno trent’anni. Il risultato è un’opera di narrazione, piena di tenerezza malgrado racconti un inferno».

Massimiliano De Vecchi, responsabile della Medicina d’urgenza del Papa Giovanni, è diventato il coordinatore del gruppo di diciannove operatori sanitari coinvolti nello spettacolo. De Vecchi si commuove quando parla della possibilità, attraverso il teatro, di «strappare all’oblio i giorni più duri della pandemia e farne un gesto di cura. Perché soltanto nella cura resta l’unica e inespugnabile bellezza». La “cura” è un tema cardine della Capitale della Cultura. «Proprio dal Covid, quando la curva dei contagi ha cominciato a scendere, nasce l’idea della Capitale — commenta Gori —. La cultura può essere una forma di lenimento delle sofferenze».

Un pensiero più che calzante per le gemellate Bergamo e Brescia, le due città «più dolorosamente colpite dal virus, al centro di manifestazioni di grande solidarietà da parte di tutto il Paese», aggiunge l’Assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti: «Volevamo che “Giorni muti, notti bianche” (a nessuno sfugge il richiamo alto del titolo, al lunare romanzo di Dostoevskij, ndr) fosse uno spettacolo vero, di grande professionalità. Per questo ho subito pensato a un palco storico della città, quello del Sociale».

Il progetto ha la benedizione di Fondazione Comunità Bergamasca e del direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, Maria Beatrice Stasi: «Credo che questo spettacolo sia una rappresentazione, inedita e originale, densa di significati. Questi giorni muti e quelle notti bianche — prosegue — non solo non hanno messo fine al tempo della cura, ma lo hanno esteso fino a farlo combaciare con la vita stessa». Il direttore fa luce su un ricordo forte. È appena passato il 22 febbraio. Nel 2020 fu il giorno in cui venne convocata per la prima volta, causa Covid, l’unità di crisi all’ospedale di Bergamo: «Resterà una data simbolo, incancellabile» conclude Stasi.

23 febbraio 2023 (modifica il 23 febbraio 2023 | 07:44)



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Written by bourbiza mohamed

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