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Il rapper dei Fugees colpevole di spionaggio accusa il suo avvocato: “Ha fatto un disastro con l’AI”


“È stata colpa dell’AI”. Il rapper dei Fugees, Pras Michél, chiede che venga ripetuto il processo che ha affrontato per reati federali legati a una campagna di influenza straniera.

Lo scorso aprile il rapper è stato giudicato colpevole di aver aiutato un uomo d’affari della Malesia, Jho Low, e il governo cinese ad accedere alle più alte sfere dell’amministrazione americana, compresi gli ex presidenti Barack Obama e Donald Trump.

Ma ora Pras Michél, autore insieme ai Fugees di hit come “Killing Me Softly” e “Ready Or Not”, sostiene che la sua difesa è stata danneggiata dall’uso che il suo avvocato ha fatto dell’intelligenza artificiale.

L’arringa conclusiva del legale, che avrebbe potuto contribuire a scagionare il rapper, sarebbe stata elaborata utilizzando “uno strumento sperimentale di AI”. Pras Michél ha dichiarato che il suo ex avvocato “aveva un interesse finanziario non specificato nella tecnologia usata per scrivere le sue conclusioni”. E questo avrebbe portato a un’arringa “frivola e inefficace”.

Nelle motivazioni depositate per la richiesta di un nuovo processo, si legge che l’avvocato David Kenner, responsabile della difesa di Pras Michél, avrebbe utilizzato per il processo la consulenza esterna della Business Intelligence Associates co-fondata da Alon Israely. Kenner e Israely avrebbero una partecipazione finanziaria “non dichiarata” nello strumento di AI utilizzato per difendere il rapper dei Fugees.

Vero, verissimo anzi, plausibile. Dove nasce l’intelligenza di ChatGPT?


“Anche di fronte al progresso tecnologico bisognerebbe attenersi, innanzitutto, al codice deontologico – afferma Ernesto Belisario, avvocato ed esperto di diritto delle tecnologie -. Princìpi come lealtà e correttezza nei confronti del cliente e l’obbligo di aggiornamento professionale – sapere che strumento si può usare e come usarlo – sono alla base dell’attività forense. Così come è essenziale, ma questo vale per tutte le professioni, controllare le informazioni che otteniamo dall’intelligenza artificiale”.

A questo proposito ha fatto scalpore, a maggio scorso, il caso di un avvocato di New York – Steven Schwartz – che ha ammesso di aver utilizzato ChatGpt per un aiuto nel redigere documenti legali che citavano sei casi inesistenti, inventati appunto dall’intelligenza artificiale.

Il problema dell’AI, come è noto, è che in alcuni casi potrebbe “allucinare i dati”. ChatGpt, così come Bard e Bing, tutti strumenti di intelligenza artificiale generativa, potrebbero rispondere ad alcune domande con scritti palusibili ma del tutto inventati. Questo avviene soprattutto quando gli utenti chiedono a questi chatbot citazioni oppure articoli e paper scientifici. In diversi casi l’AI ha fornito titoli e contenuti inesistenti, a volte associati ad autori reali.

Intelligenza artificiale

Il nuovo Bing (che usa ChatGpt) fa già degli errori. Ma non dovrebbe sorprenderci



Schwartz, all’epoca, ha dichiarato che “l’uso dell’intelligenza artificiale generativa si è evoluto all’interno degli studi degli avvocati” e che “ChatGpt viene usata per integrare le ricerche dei legali”.

“Ma serve una regolamentazione – dice Belisario -. In Italia se ne discute molto ma gli aggiornamenti deontologici sono in generale molto lenti, mi ricordo di quando tanti anni fa si guardava con diffidenza a internet. Quella degli avvocati è una categoria che ha vissuto le innovazioni con grande lentezza. Ecco è questa è la sfida: aggiornarci prima che una tecnologia estremamente rapida rischi di superarci”.



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Written by bourbiza mohamed

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