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Femminicidio Sofia Stefani, Gualandi rimane in carcere. All’interrogatorio si è difeso: “Non voleva che la lasciassi. E’ partito un colpo accidentale nel parapiglia”


BOLOGNA – “Non volevo uccidere Sofia, è stato un incidente. Il colpo è partito durante quel parapiglia nell’ufficio”. Le versione dell’ex comandante della polizia locale di Anzola dell’Emila, Giampiero Gualandi, 63 anni, è ora stata consegnata al giudice Domenico Truppa, durante l’interrogatorio di garanzia che si è svolto in tribunale questa mattina, 18 maggio. L’omicida di Sofia Stefani, 33enne, a sua volta ex vigile, ha risposto per circa un’ora e mezza alle domande ripetendo la versione della fatalità.

All’esito dell’udienza e dell’interrogatorio, il giudice ha accolto la richiesta della Procura, che coordina le indagini dei carabinieri, ravvisando la gravità degli indizi a carico dell’indagato. Il fermo non è stato convalidato, perché non è stato ritenuto sussistente il pericolo di fuga. Ma è stata comunque valutata l’esigenza cautelare. “Non siamo d’accordo e faremo ricorso di riesame al tribunale della Libertà” dice l’avvocato Claudio Benenati, difensore di Giampiero Gualandi.

La versione di Gualandi

Giovedì pomeriggio la giovane donna si è presentata in ufficio poco dopo le sedici, lui aveva appena finito di pulire la pistola d’ordinanza per delle esercitazioni da fare al poligono nei giorni successivi e l’arma era ancora sul tavolo. Già in mattinata lo aveva chiamato una decina di volte: “Dobbiamo vederci”; “Voglio parlare con te…”; “Non può finire così…”. I due avevano una avuto relazione che lei voleva portare avanti, ma che lui invece era deciso a troncare. La moglie aveva scoperto la relazione extraconiugale e Gualandi, circa due mesi prima le aveva promesso di chiudere quella storia. Lo aveva detto a Sofia, “ma lei non voleva farsene una ragione”. “Voleva che lasciasse la moglie per stare assieme a lei”, dice l’avvocato dell’indagato Benenati.

Poco prima di arrivare alla “Casa gialla”, l’edificio che ospita la polizia municipale, l’aveva chiamato: “Sto arrivando”. Una volta in ufficio ci sarebbe stato uno scambio verbale acceso, lei gli avrebbe lanciato contro degli oggetti, scagliato a terra la giacca. Ne è nata una sorta di colluttazione durante la quale la donna avrebbe anche tentato di afferrare la pistola dell’ex comandante ancora sul tavolo.

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Si è trattato di istanti, poi è partito il colpo. Sofia Stefani è rimasta a terra in un lago di sangue, il proiettile l’ha presa in pieno volto. Il racconto non convince gli investigatori, e non è sostenuto da testimoni perché i due erano soli nella stanza. A questo punto diventano decisive le perizie balistiche.

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L’avvocato: “E’ tutto durato 3-4 minuti”

E’ “tutto è durato 3 o 4 minuti”, dice l’avvocato Benenati, che si è opposto alla convalida del fermo e alla custodia cautelare in carcere, chiesta dalla Procura di Bologna. E d’altra parte, aggiunge “sarebbe illogica qualsiasi altra versione”. Col massimo rispetto per la povera ragazza e per la sua famiglia “non è plausibile l’omicidio volontario, non ha senso”. Ovviamente “vanno fatte tutte le perizie del caso e sentiti tutti i testimoni che la Procura (il pm Stefano Dambruoso è il titolare dell’inchiesta) riterrà di dover fare, per ricostruire la vicenda partendo anche dal passato”.

E infine: “Gualandi ha certamente la responsabilità di non aver custodito correttamente l’arma ed ha la colpa di averla lasciata sul tavolo, ma questo non è un certamente omicidio volontario”. Il gip Domenico Truppa si è riservato la decisione, attesa nel pomeriggio.

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Written by bourbiza mohamed

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