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Viaggio nella sede UE di TikTok, dove IA e umani lottano contro fake news e pregiudizi


La sede europea di TikTok a Dublino, la più importante nel Vecchio continente insieme con quella di Londra, sta in un palazzo di vetro e acciaio alle spalle del Liffey, il fiume che attraversa la città. Si chiama (il palazzo) The Sorting perché in passato era qui che veniva divisa e smistata (sorted, appunto) la posta della città. Dovrebbe essere uno spazio di co-working, ma TikTok se l’è preso praticamente tutto: 6 piani, ognuno caratterizzato da un colore differente, ognuno con la sua cucina, spazi per il relax, sale riunioni, cubicoli insonorizzati per lavorare o gestire chiamate o videochiamate, bagni e ascensori che corrono su e giù senza sosta ma funzionano solo se ti fai riconoscere con un badge.

La sede europea di TikTok sta a Dublino ma potrebbe essere la sede di Google a Mountain View, quella di Facebook a Menlo Park o quella di Netflix a Los Gatos. TikTok è stato fondato in Cina ma potrebbe essere tranquillamente nato nella Silicon Valley: negli uffici si respira la stessa atmosfera, l’approccio al lavoro è lo stesso delle grandi compagnie tech americane, l’attitude è la stessa e l’azienda fa più o meno le stesse cose che fanno le grandi compagnie tech americane.

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Anche Trump è arrivato su TikTok

Questa è la prima sensazione che abbiamo provato appena messo piede nel palazzo, durante la visita che abbiamo avuto la possibilità di fare alla vigilia delle elezioni europee e proprio nei giorni in cui anche Donald Trump debuttava sulla piattaforma. Sono due accadimenti scollegati fra loro ma entrambi importanti per TikTok: le operazioni di voto nei 27 Paesi della UE sono un banco di prova decisivo per le capacità della piattaforma di moderare i contenuti e resistere all’assalto della disinformazione, e l’arrivo del probabile prossimo presidente americano con il suo account personale è un’altra freccia nell’arco con cui TikTok cerca di dimostrare che no, non è una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti.

Del primo punto abbiamo parlato con Susan Moss, che in TikTok si occupa di Public Policy e relazioni con i governi: “Abbiamo ulteriormente rafforzato il team di moderatori e ne abbiamo dedicato una parte qui in Europa al contrasto delle fake news elettorali, anche con specialisti nelle singole lingue e nelle singole culture dei singoli Paesi”, ci ha spiegato. A oggi TikTok conta su circa 6mila moderatori umani sul territorio UE (quelli che capiscono l’italiano sono 439, più che per qualsiasi altro social) che lavorano insieme con intelligenze artificiali sempre più evolute che li aiutano a filtrare gran parte delle bufale prima che arrivino agli utenti e con diversi fact-checker nei vari Stati: “Aiutano il nostro team interno a rimanere aggiornato su quali possono essere le campagne di disinformazione in un preciso momento storico e anche a capire se un fatto raccontato in un video sia vero o falso”. In quest’ultimo caso, il post viene ovviamente rimosso, mentre se ci sono dubbi (o anche mentre l’indagine è in corso) può essere etichettato come Non Verificato e anche venire nascosto e dunque ottenere minore visibilità.

TikTok è indubbiamente la piattaforma più severa quanto a moderazione: è una cosa buona ma anche è possibile fonte di errori, con video rispettosi delle linee guida che vengono rimossi per sbaglio. In quel caso l’utente può fare ricorso e dovrebbe ricevere risposta entro 24 ore: “Facciamo del nostro meglio per trovare il giusto equilibrio fra libertà di espressione e moderazione dei contenuti”, ci ha chiarito l’italiano Lorenzo Andreozzi, che nella sede dublinese di TikTok lavora nel team Trust and Safety e ci ha mostrato la sala MCC.

Le due manager di TikTok che abbiamo incontrato a Dublino: Susan Moss (a sinistra) ed Elaine Fox

Le due manager di TikTok che abbiamo incontrato a Dublino: Susan Moss (a sinistra) ed Elaine Fox 

L'ingresso di The Sorting, il palazzo che ospita la sede di TikTok a Dublino

L’ingresso di The Sorting, il palazzo che ospita la sede di TikTok a Dublino 

La moderazione col programma Follow the Sun

In quello che l’azienda chiama Mission Control Center lavorano al momento 70 persone che sono dedicate specificamente alle elezioni europee e sono in qualche modo i first responder di TikTok, i primi a intervenire se sulla piattaforma si presenta un problema. Seguendo il principio del Follow the Sun per restare attivi 24 ore su 24, tutti i giorni: “Si lavora nelle aree del mondo dove è giorno, e man mano si passa la palla ai colleghi che si svegliano – ci ha spiegato Andreozzi – Quando il team UE finisce, perché la giornata è finita, subentra il team negli Stati Uniti e successivamente quello di Singapore. E poi di nuovo quello europeo, sempre e di continuo”. Seguendo il ciclo del Sole, appunto.

L’obiettivo è quello di ridurre al minimo gli errori e soprattutto rispettare il più possibile il protocollo 0VV, altra sigla che sta per Zero Video Views, cioè rimuovere i video scorretti quando ancora non hanno ricevuto nemmeno una visualizzazione.

La gigantesca T che campeggia nel cortile interno della sede di TikTok a Dublino

La gigantesca T che campeggia nel cortile interno della sede di TikTok a Dublino 

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Dove stanno i dati degli utenti europei di TikTok?

Come le altre piattaforme social, e più o meno con le stesse difficoltà, TikTok cerca di fare tutto questo anche rispettando le richieste dell’UE quanto a tutela della privacy e dei dati personali degli utenti: il timore, che è lo stesso timore che hanno gli USA, è che queste informazioni finiscano a Pechino e siano usate dalla Cina per vari scopi. Ed è per rispondere a queste preoccupazioni che, a marzo 2023, TikTok ha dato vita a Project Clover (cos’è?): “Entro i prossimi 10 anni investiremo oltre 12 miliardi di euro per fornire agli utenti europei una protezione all’avanguardia per i loro dati”, ci ha ricordato Elaine Fox, che in azienda ha il non facile ruolo di responsabile per la Privacy dell’area UE.

Nel concreto, questo significa l’apertura di 3 datacenter sul territorio comunitario, due in Irlanda e uno in Norvegia, dove conservare i dati degli utenti comunitari, affidandone la protezione a NCC, una società britannica che si occupa di cybersicurezza: “La prima delle due strutture irlandesi è già operativa e già ospita i dati di parte dei nostri utenti europei (non è possibile sapere quanti, ndr) – ha puntualizzato Fox – Puntiamo ad attivare entro la fine dell’estate quella di Oslo, mentre il secondo datacenter di Dublino è in fase di completamento”. Nelle fasi di passaggio, i dati dei restanti utenti europei sono comunque conservati negli Stati Uniti e non negli altri due impianti di storage di TikTok, che sono a Singapore e in Malesia.

Da quel che si capisce, insomma, già entro qualche mese molta parte degli oltre 150 milioni di cittadini europei che usano TikTok vedranno i loro dati conservati su suolo europeo e dunque (come l’azienda ha ribadito più volte) “inacessibili dalla Cina”. È onestamente un traguardo importante, ma potrebbe non bastare: che cosa accadrebbe se un giorno la UE decidesse di fare come Biden e approvare una legge che vieti l’uso dell’app? Se per esempio cambiasse la maggioranza nel Parlamento europeo e quella nuova fosse più protezionista e più severa nei confronti delle potenziali minacce del social di origine cinese? TikTok sarebbe pronta a fare di più, a concedere di più? Il momento in cui abbiamo fatto questa domanda è stato forse l’unico in cui abbiamo percepito un po’ di fastidio e di esasperazione nei nostri ospiti: “Crediamo che quello che stiamo facendo sia sufficiente, sia più di quello che fanno i concorrenti e vada ben oltre le disposizioni del GDPR in materia di protezione della privacy – ci ha detto Moss – Il dialogo con la UE è costante, affrontiamo i problemi man mano che ce li sottopongono, ma al momento nessuno fa più di noi da questo punto di vista”. È un po’ come dire “che altro potremmo fare di più?”, è una reazione poco da manager e tanto umana e che in qualche modo abbiamo sentito di condividere, mentre uscivamo da The Sorting per rituffarci nel vento gelido e tagliente di Dublino.

@capoema

 





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Written by bourbiza mohamed

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