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Bruce Sterling e il Versificatore di Primo Levi, “the most torinese thing ever”


Che c’entra Primo Levi con Bruce Sterling? Che c’entra lo scrittore italiano noto soprattutto per i bellissimi e toccanti Se questo è un uomo e La tregua con l’autore che, insieme con William Gibson, ha dato vita al cyberpunk, sfornando opere come l’antologia Mirrorshades, La matrice spezzata e La macchina della realtà?

C’entra perché il secondo ha un’inaspettata passione e ammirazione per il primo e anche perché fra i due c’è un punto di contatto non molto noto, come lo stesso Sterling ha raccontato ieri mattina sul palco delle OGR di Torino durante la prima giornata di Italian Tech Week 2023.

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Una IA prima che esistessero le IA

Questo punto di contatto è nascosto in un racconto scritto da Levi all’inizio degli anni Sessanta e a sua volta nascosto nella raccolta Storie naturali, pubblicata per la prima volta da Einaudi nel 1966: si intitola Il Versificatore, è diventato un telefilm (prodotto dalla Rai) nel 1971 e parla di ChatGPT. Oltre sessant’anni prima che nascesse ChatGPT.

E di questo ha parlato Sterling a ITW23, vestito con una camicia rossa, i pantaloni color kaki e in mano alcuni fogli con gli appunti: di questa macchina immaginata da Levi prima che i computer fossero inventati (e fisicamente costruita per la televisione) e in grado di funzionare come se avesse dentro un’intelligenza artificiale. Il Versificatore, nella testa dello scrittore italiano, sarebbe stato in grado di creare testi e soprattutto poesie partendo dagli input di chi lo possiede. Ricorda qualcosa? Ricorda appunto i prompt che oggi siamo abituati a dare a ChatGPT, le istruzioni scritte che permettono a questa IA di generare contenuti originali che rispondano ai quesiti di chi la interpella.

Sul palco delle OGR, Sterling ha ricordato di avere notato un paio di dettagli particolari, sul Versificatore pensato da Levi e ricreato da zero dagli scenografi della Rai: “Era un precursore dei computer, ma non era un computer come siamo abituati a conoscerli oggi – ha detto lo scrittore americano – Non aveva uno schermo, non aveva programmi con cui funzionare, non aveva la tastiera ma solo alcune leve attraverso cui impostare i prompt. Sembrava un cervello fatto di vetro luminoso”. Un cervello artificiale, ovviamente.

Di più: con il Versificatore, diversamente da quello che (probabilmente) accadrà nel nostro rapporto con ChatGPT e le altre intelligenze artificiali, va tutto a finire bene. Come ha ricordato Sterling, “chi lo usa ottiene più ricchezza, può lavorare di meno e avere più tempo per concentrarsi su altro”. Che poi sono le promesse che ci sentiamo fare quando sentiamo parlare di IA: ci permetterà di lavorare meno, guadagnare di più, avere più tempo libero. Sono tutte le promesse senza i loro lati oscuri perché, come ha ribadito Sterling chiaramente, “il racconto di Levi è un racconto comico e divertente, e quindi tutto va chiaramente a finire bene”.

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“Lo rifaremo e lo doneremo a Torino”

Il punto, comunque, è che questo Versificatore (anzi, questo “Versificatori”, come ha detto qualche volta Sterling con il suo caratteristico accento texano) è “concretamente un balzo in avanti di oltre 60 anni, dal 1960 al 2022, da quando i computer non c’erano a oggi, quando i computer ci sono eccome e hanno dentro una IA”.

Sono parole dell’autore di Isole nella Rete e di Atmosfera mortale, climate fiction prima che la climate fiction esistesse, secondo cui il Versificatore è anche “una delle espressioni più alte della capacità ingegneristica italiana, una dimostrazione pratica e vera di quello che si può fare”. Non solo, come ha detto Sterling strappando qualche risata all’affollata platea: “It’s the most torinese thing ever”, è la cosa più torinese di tutte. Perché Levi (originario appunto del capoluogo piemontese) ha dato concretezza all’operosità della città, che è una città del fare non solo limitatamente all’industria dell’auto.

E proprio a Torino, il Versificatore rinascerà: Sterling ha anticipato che ne verrà costruita una nuova versione nell’ambito dello Share Festival, di cui è direttore artistico. “Sarà come quello che si vedeva in tv nel 1971”, però (presumibilmente) con le tecnologie dei giorni nostri, quindi con dentro un vero computer e una vera intelligenza artificiale. Sterling ha detto sul palco delle OGR che “lo doneremo alla città e lo esporremo in un museo, dove resterà per 60 anni”. Come forse avrebbe voluto Primo Levi, il cui sogno potrebbe davvero realizzarsi grazie a un collega distante nel tempo e nello spazio. Ma più vicino di quello che poteva inizialmente sembrare.

 

 



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Written by bourbiza mohamed

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