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Che cos’è e a che serve Code Interpreter, l’ultimo plugin per ChatGPT


Mai un momento di noia. Quando sembrava che l’hype, l’eccitazione attorno all’intelligenza artificiale si stesse smorzando, con gli utenti di ChatGPT per la prima volta in calo, ecco arrivare un’altra novità destinata a far discutere: Code Interpreter.

Non è un’applicazione a sé stante, ma un plugin di ChatGPT, riservato agli utenti della versione a pagamento del chatbot, che ne espande enormemente le capacità. Trasformandolo, in sostanza, in un data scientist personale, capace di modificare immagini, convertire file da un formato all’altro, scrivere codice in linguaggio Python per analizzare grandi insiemi di dati, identificarne i principali elementi e creare grafici e mappe interattive che ne mettano in evidenza le peculiarità. Operazioni che prima richiedevano anche diverse ore, per esempio la “ripulitura” dei dati per eliminare duplicati e uniformarne la nomenclatura, con Code Interpreter possono essere effettuate in pochi minuti.

Come funziona? Per prima cosa, bisogna attivare il plugin. Si tratta di una funzione ancora sperimentale, per cui bisognare recarsi nella sezione Impostazioni, cercare “beta features” e qui spuntare l’opzione. A quel punto, nella consueta finestra della chat si potrà iniziare a dialogare con il modello. Quello che salta all’occhio è che, contrariamente a quanto accade con la versione normale (a pagamento e non) di ChatGPT, in Code Interpreter, cliccando sull’icona “+” accanto alla chat è possibile caricare file grandi fino a 100 Mb. Non resta altro che caricare il dataset di riferimento e sbizzarrirsi nelle più disparate analisi.

C’è chi, come un professore della Università della Pennsylvania, Ethan Mollick, si è divertito a scopo illustrativo, a usare il modello per dimostrare a un terrapiattista, con argomenti matematici e grafici, che la Terra è rotonda. Cosa che Code Interpreter ha fatto senza batter ciglio, e con dovizia di particolari.

Sempre come divertissement, Mollick ha dato in pasto al software un database contenente nomi e caratteristiche di diversi super eroi dei fumetti, chiedendogli di scovare dei fattori che consentissero di predire che tipo di poteri potesse avere un certo protagonista sulla base di altri fattori. Scoprendo così che la maggior parte di essi rispettava certi archetipi.

Navigazione web e plugin per tutte le esigenze: ecco le novità di ChatGPT


Addio Data Scientist?

Se programmi come Code Interpreter spingono quasi in automatico chi li utilizza a “giocare” un po’ le ricadute di questo, come di altri software di generative AI, sulla società e sul mondo del lavoro, sono in realtà molto serie.

È facile comprendere come l’opportunità di ricavare senso velocemente da grandi dataset senza avere – o quasi – esperienza di programmazione – apra prospettive molto interessanti per sociologi, policy-maker, giornalisti investigativi, analisti finanziari, esperti di marketing che devono profilare gli utenti o capire come viene percepito il marchio aziendale sui social media. Team ristretti o perfino singoli individui potranno ottenere risultati prima inaccessibili a meno di non possedere grandi risorse. Più difficile immaginare le conseguenze della comparsa di strumenti come Code Interpreter su chi i dati li analizza per mestiere.

Se chiunque in pochi passaggi è in grado di manipolare i dati con risultati di solito appannaggio di professionisti con anni di studio e di lavoro alle spalle, che ne sarà di questi ultimi? In Rete si è acceso il dibattito. “Mi sembra chiaro che gli esseri umani non verranno rimpiazzati da Code Interpreter. Piuttosto, l’intelligenza artificiale fa quello che l’automazione ha sempre fatto – liberarci dalle parti più noiose e ripetitive del nostro lavoro – ha scritto ad esempio Morrick”.

Sulla stessa linea il data scientist Soner Yildrim che su Medium ha sottolineato come, nell’epoca del lavoro da remoto, la natura dialettica di Code Interpreter faccia sì che il programma possa utilmente prendere il posto dei colleghi di ufficio quando di tratta di cercare suggerimenti o di chiarire qualche dubbio. Un mentore, più che un rimpiazzo insomma. Comunque un aiuto importante. 

I limiti del fai-da-te

Di tutt’altro avviso Peter Tennant, un professore di Health Data Analysis dell’Università di Leeds. “Per favore non usate ChatGPT per analizzare dati. Non posso credere di doverlo dire – ha scritto su Twitter – Gli strumenti di apprendimento automatico possono essere allettanti, ma le analisi semplicistiche basate sui dati possono essere pericolosamente fuorvianti. Abbiamo bisogno di più riflessione, non di meno.” Attirandosi subito l’accusa di “gatekeeping”, ossia di difendere il proprio orticello.

Fra entusiasti e scettici, la posizione più equilibrata appare forse quella di chi auspica un utilizzo consapevole e mirato. “L’analisi esplorativa dei dati consiste in una sequenza di operazioni con cui qualsiasi data scientist investiga un dataset e ne trae le sue conclusioni. Si tratta ormai di operazioni standard che vengono facilmente automatizzate – spiega Maurizio Napolitano, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler di Trento, esperto di open data – ChatGPT ha il pregio di riuscire a trasformare questi risultati in linguaggio naturale e di dialogare con essi. Tuttavia il programma è utile solo se si ha una comprensione chiara di come interagire e interpretare i risultati. Altrimenti, anche se la percentuale di errore è bassa, si rischia di trarre interpretazioni errate basate su presupposti sterili.”

La ricerca

Quali sono i lavori più esposti agli sviluppi dell’Intelligenza artificiale. Una ricerca



 

 



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Written by bourbiza mohamed

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