in

Gaza, Intervista a Pietro Pistolese comandante della missione europea nella Striscia 2005-2007


GERUSALEMME — Nei due anni che è stato a Rafah, tra il 2005 e il 2007, il generale Pietro Pistolese ha visto passare un milione di palestinesi al valico con il confine egiziano. Di quel fiume umano il generale oggi in congedo ricorda ancora due persone in particolare: una donna che nascondeva dei piccoli coccodrilli sotto al cappotto e Ismail Haniyeh.

Il sindaco di Rafah: “Da una tenda coordino i pochi aiuti rimasti. Aiutateci a fermare il massacro”


Pistolese fu scelto per guidare la missione civile europea Eubam che aveva il compito di riaprire il valico e di gestirlo, mettendo d’accordo israeliani e palestinesi. Nel dicembre del 2006 Haniyeh, leader di Hamas e allora primo ministro dell’Anp, voleva entrare a Gaza portando con sé 30 milioni di dollari. «Ci fu un attentato», rammenta il generale ora in pensione. «Fu il momento più critico della nostra missione».

Che però per due anni funzionò.

«Sì, rimanemmo a Rafah fino al 2007, poi Hamas prese il potere e noi fummo evacuati. Una missione internazionale è l’unica soluzione equilibrata adottabile anche oggi».

Perché?

«Se anche ci potrà essere una amministrazione civile palestinese a Gaza dopo la guerra, gli israeliani vorranno essere garantiti sui transiti a Rafah. Una terza forza, neutrale, sarà preziosa».

Come cominciò Eubam?

«Nel 2005 Sharon decise il ritiro delle truppe e degli insediamenti israeliani da Gaza. Per monitorare le forze di polizia palestinesi subentrò Eubam. L’Italia aveva la guida e mandò una trentina di carabinieri, ma c’erano anche i gendarmi francesi, la guardia civil spagnola, gli inglesi. Il mio vice era un colonnello tedesco. Il 25 novembre si tenne la cerimonia ufficiale di riapertura, il 26 iniziò a passare la gente»

Come funzionava?

«Lavoravamo secondo il memorandum of understanding, approvato da Abu Mazen, e dal governo israeliano. Avevamo uomini a Rafah e anche al valico di Kerem Shalom, dove c’era un piccolo centro collegato audio e video con Rafah. Da lì potevamo monitorare tutto».

Com’era il centro?

«Uno stanzone in cui sedevano un ufficiale palestinese e un ufficiale israeliano, che non si parlavano, e un sovrintendente europeo. Quando l’israeliano rilevava il transito di una persona per lui sospetta, lo segnalava all’europeo che lo comunicava al palestinese».

Non esattamente il modo più comodo ed efficace di operare.

«Era l’aspetto più complicato. Anche perché né gli europei né i palestinesi avevano l’elenco dei sospetti. La lista era in mano agli israeliani ed era segreta, non la condividevano».

Cos’altro prevedeva il memorandum?

«L’Ue si era assunta l’incarico di ricostruire l’aeroporto internazionale Arafat, bombardato. Si trovava tra Rafah e Kerem Shalom. Era previsto il rifacimento del porto di Gaza City e c’era un piano per connettere con una ferrovia ad alta velocità la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Con l’arrivo di Hamas al potere, non si è fatto più niente».

(afp)

Vi spostavate lungo il Corridoio Philadelphi, la fascia di terra che corre lungo il confine sud?

«Sì, era l’unico modo per noi per andare da Kerem Shalom a Rafah. Non entravamo nelle città».

L’esercito israeliano lo ha occupato di nuovo. Perché è così importante?

«Perché attraverso il Corridoio Philadelphi passavano i contrabbandieri e i terroristi. Le pattuglie israeliane erano assaltate nei pressi il confine, mentre sotto venivano scavati i tunnel».

Cosa sapevate allora di questi cunicoli?

«Rafah è una città divisa in due dal confine. I cunicoli inizialmente vennero costruiti per collegare le due parti, poi divennero più grandi e alcuni arrivavano in Israele. È percorrendo uno di quei tunnel che 2006 un commando di miliziani di Hamas e della Jihad sbucò a Kerem Shalom e catturò il soldato Gilad Shalit».



Leggi di più su repubblica.it

Written by bourbiza mohamed

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

A 80 anni in barca a vela dall’Afghanistan in Italia “Devo rivedere mia figlia prima di morire”

Eventi 4 giugno a Bologna e dintorni: Luca Caccioni al Festival dello stress, Canfora e il fascismo mai morto