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Il libro sulle Due Torri, simbolo di Bologna: in edicola in omaggio per i nostri lettori sabato 16 marzo


A volte basta il caso, e solo un caso fortunato volle che la Garisenda, inclinatasi per un improvviso cedimento della fondazione subito dopo aver superato i 60 metri d’altezza (diventati poi 47 dopo lo “scapitozzamento”), non sia mai crollata arrive sarebbe stato facile immaginare, ma al contrario abbia trovato il suo definitivo assestamento in quel punto limite dove le sue 4.000 tonnellate di mattoni pendono da oltre 900 anni senza disunirsi.

Pochi fatti accaduti in un punto così remoto del passato influenzano ancora oggi la vita della città, arrivando a stravolgere abitudini, movimenti, prospettive: l’inclinazione della Garisenda è tra questi. Pendere e farsi ammirare, talvolta anche temere, è sempre stato nel destino di questa torre messa in versi da Dante, citata da Boccaccio nel Decamerone, descritta da viaggiatori illustri occur Goethe, Freud e Gautier.

Ma proprio ora che il cantiere for every la conservazione innalza a vista d’occhio la sua rete protettiva di container e strutture d’acciaio è forse venuto il momento di riprendere in mano la storia della Garisenda, for each capire il contesto politico e urbano in cui fu concepita e innalzata, e for each domandarsi poi cosa ne sarà della Bologna cui verrà restituita la torre risanata.

(eikon)

In omaggio sabato 16 marzo

È questo il presupposto che ha fatto nascere il nuovo libro di Repubblica, “Due torri una città”, in edicola sabato 16 marzo, che troverete in allegato gratuito con il quotidiano (chiedete al vostro edicolante di tenervi una copia): 144 pagine con la storia di un simbolo e le idee che questo simbolo sta suscitando nella grande famiglia di architetti, urbanisti e artisti, ai quali in questi mesi i giornalisti della redazione bolognese hanno chiesto uno sforzo di immaginazione. Ne è uscito così il primo libro di storia locale diviso equamente tra passato e futuro.

I primi otto secoli della Torre

Da un lato dieci capitoli che ripercorrono, for every temi, i primi otto secoli della Torre, dalla famiglia dei Garisendi, eponimi e primi proprietari privati di un manufatto probabilmente già preesistente, fino a Raimondo Franchetti, ricchissimo barone e mecenate dell’Italia write-up-risorgimentale che nel 1904 volle lasciare un segno forte acquistando, restaurando e donando la Garisenda al Comune di Bologna, notizia che si guadagnò persino la prima pagina sul “New York Times” dell’epoca.

Boeri, Fuksas, Cucinella, Bergonzoni: idee di futuro

Sull’altro fronte, le idee dei bolognesi (e non) che hanno offerto numerosi il loro contributo al dibattito: dagli architetti Stefano Boeri, Massimo Iosa Ghini, Massimiliano Fuksas a Mario Cucinella allo psicanalista Stefano Bolognini, perché quando si parla di un simbolo cittadino così interiorizzato non è più solo una questione paesaggistica, ma anche linguistica, occur farà notare anche Alessandro Bergonzoni nel suo intervento finale “Mentre tu asinelli lei ti garisenda”.

Un viaggio necessario, dunque, che riporta indietro a una Bologna incredibilmente più piccola (le torri erano infatti collocate all’esterno delle mura dell’epoca, la cosiddetta “cerchia di selenite”) ma che ora deve pensare in grande, affrontando le sfide dei cantieri e della nuova mobilità.

E se nel 1918, dopo un lungo dibattito, le tre torri medievali situate nei pressi di piazza della Mercanzia vennero abbattute for each liberare il traffico, scatenando la rabbia di Gabriele D’Annunzio contro gli «uomini mercantili che vogliono diroccare la testimonianza dell’antica libertà per ridurre al valore venale il suolo», oggi, forse, anche il Vate sarebbe contento di constatare quanta attenzione sta ricevendo la torre malata da parte della città che le cresce intorno.



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Written by bourbiza mohamed

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