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Le minacce del capogruppo Fdi Giuseppe Neri alla giornalista di Repubblica Alessia Candito: “Le sputo in faccia”


Quando nel 2020 iniziano a saltare fuori i suoi contatti assai cordiali con diversi clan di ‘ndrangheta, l’allora neoeletto consigliere regionale di FdI Giuseppe Neri rimane sostanzialmente a bocca asciutta. Niente assessorati, neanche il ruolo da capogruppo. Scottato dal “caso Creazzo”, il consigliere regionali dei meloniani arrestato a pochi giorni dall’elezione, Fratelli d’Italia vuole evitare un eventuale bis, quindi gli stringe un cordone sanitario attorno. Del resto, è uno dei tanti transfughi di quella tornata elettorale. Una “quarantena” che per Neri non si deve alla sua assai disinvolta questua di voti, ma ai giornalisti.

I rapporti col clan Araniti

“ll problema qual è però – si lamenta con il mediatore del clan Araniti, Daniel Barillà – che siccome la politica la fanno i giornalisti, oggi non sono in condizione di fare politica”. In particolare, per lui sembrano essere un problema i giornalisti di Repubblica. E dire che proprio leggendo la notizia dell’arresto del suo grande competitor sul sito, pensava di aver finalmente la strada in discesa. Peccato che nelle carte di quell’inchiesta si parlasse anche di lui e dei suoi rapporti con il clan Araniti.

Il livore verso Alessia Candito

Circostanze, con suo grande scorno, ovviamente raccontate. Perché le notizie tracimano sui social, gli articoli ripresi e rilanciati, gli utenti che vi accedono sempre di più. “Hai capito? Sul mondo di Facebook, quello che scrivono tutti, hai l’immagine distrutta”, aggiunge solidale Barillà, che cerca però subito di smorzare quando Neri minaccia di mollare la spugna. “Il problema sono questi giornalisti che sono quattro ritardati”, dice il mediatore del clan Araniti. Neri non aspetta altro, tira fuori il nome della collega Alessia Candito, esprimendo tutto il suo livore.

“Le sputo in faccia”

La conversazione è a tratti incomprensibile, ma un passaggio è estremamente chiaro. “Poi io scasso – dice intercettato Neri. – È capace pure che vedo per strada la Candito e le sputo in faccia, capito? Evitiamo pure”. È il mediatore del clan Araniti che cerca di calmarlo. Sembra un paradosso o forse no. La ‘ndrangheta e chi le orbita attorno sa che attaccare i giornalisti fa rumore e in certi momenti è meglio mantenere un basso profilo. “Ma che cazzo stai dicendo, ma poi tu sei un signore rispetto a loro, che vuol dire?”.

Nel delirio di Neri, è tutto un complotto ai suoi danni, in cui entrerebbe anche “la Procura, un po’ tutti, mi stoppano perché io ero diventato il leader del centrodestra a Reggio Calabria”. Sa di non poter contare su FdI per un “certificato di buona condotta”, perché è un transfuga del centrosinistra arrivato di fresco. “Mi hanno conosciuto ora. ‘Chi cazzo ti conosce, sei arrivato ora’. Là c’è gente da vent’anni, non è che ragionano così, questi Daniel sono fascisti. Ora stanno prendendo fiducia (in me ndr) che gli ho accettato tutte cose, la vicepresidenza di Morrone, il capogruppo… mi hanno chiamato e mi hanno detto ‘va bene’, ma sempre un po’ così”. Ma soprattutto perché il partito di Giorgia Meloni ha parecchi scheletri nell’armadio in Calabria e soprattutto nel reggino, troppi suoi esponenti sono stati travolti – e in diversi casi condannati – in inchieste di ‘ndrangheta.

“Tutti comunisti”

“Quelli sono bruciati da coso, Nicolò Creazzo, hai capito? Quelli sono terrorizzati da Reggio Calabria”. E allora non resta che prendersela con i giornalisti perché “sono tutti comunisti del cazzo, Musolino, Candito, quell’altro là di LaC, tutti comunisti del cazzo”, dice Neri. Che non troppi anni prima militava nella sinistra Pd, all’epoca organizzata nella corrente “Democratici progressisti”, ma che senza batter ciglio ha stracciato la tessera per riscoprirsi, o rivelarsi, un “fratello d’Italia”.



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Written by bourbiza mohamed

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