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Stop alla “diplomazia dei panda” tra Cina e Stati Uniti: tornano a casa gli ospiti dello zoo di Washington


Tra qualche giorno i panda del National Zoo di Washington torneranno a casa. Finisce così una collaborazione che va avanti da quasi cinquant’anni tra la Cina e gli Stati Uniti, in cui Pechino si impegnava a portare negli zoo americani un gran numero di cuccioli. Ora Xi Jinping li rivuole indietro e le ragioni sembrano essere soprattutto politiche, anche se la spiegazione ufficiale fornita dal Partito è che il contratto di prestito degli animali è ormai scaduto.

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La presenza degli esemplari sul suolo statunitense, sopravvissuta alla Guerra Fredda e ad innumerevoli tensioni diplomatiche, è iniziata proprio dopo la visita di un presidente Usa a Pechino. Nel 1972, infatti, Richard Nixon si trovava a Pechino insieme a sua moglie Pat, in occasione della normalizzazione dei rapporti tra le due nazioni. La first lady rimase affascinata dai cuccioli che vide raffigurati su un pacchetto di sigarette di Zhou Enlai, braccio destro di Mao. Il politico le promise quindi che le avrebbe regalato alcuni esemplari.

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In realtà, gli zoo americani che hanno i panda tra i loro ospiti non ne hanno la piena custodia. All’inizio gli animali venivano ceduti a titolo gratuito, ma poi Pechino ha iniziato a chiedere il pagamento di grosse somme ogni anno, tra 500mila e un milione di dollari. Se all’origine della scelta del panda quale simbolo nazionale c’era proprio la volontà della leadership comunista di presentarsi come forza pacifica e non minacciosa (in contrasto con l’aquila statunitense e l’orso russo), nel corso dei decenni la Cina è diventata sempre più abile a sfruttare il soft power dell’animale.

Pechino ha iniziato a prestare gli animali ai Paesi con cui era in buoni rapporti e a richiederli indietro quando i legami peggiorarono. La ragione della decisione di riportare gli animali a casa sarebbe quindi il fatto che in questo periodo le relazioni politiche, diplomatiche ed economiche tra Usa e Cina sono quasi ai minimi storici.

Entrambi i Paesi, però, negano che alla base della questione ci sia la politica e sostengono che nei prossimi mesi si terranno nuovi negoziati per rinnovare i contratti di cessione o per farne di nuovi.

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Written by bourbiza mohamed

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