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Iss, la realtà virtuale per combattere la solitudine degli astronauti

Può esserci bisogno di fuggire nella realtà virtuale anche mentre si orbita a circa 28mila km orari intorno alla Terra? Sì. Per questo il gruppo taiwanese Htc – un tempo produttore di amati e riusciti smartphone e da qualche mese alla ricerca di un complicato ritorno sulle scene – sta inviando un set di suoi visori Vive Focus 3 sulla Stazione spaziale internazionale. L’obiettivo? Migliorare la salute mentale degli occupanti, cioè degli astronauti. O almeno provarci.

 

Questi headset sono contengono infatti un software pre-caricato e studiato ad hoc per le necessità di chi si ritrova per mesi a vivere in una condizione estrema, anzi al limite, lontano da affetti, famiglia, vita sociale e costretto a una ferrea convivenza con colleghi da diversi paesi del mondo, alle prese con compiti e manovre su cui spesso non esiste margine d’errore. Per questo il software dei visori, realizzato insieme alla società di ricerca e sviluppo aeronautico Nord Space e ad XRHealth, specializzata in questo genere di supporto psicologico in ambienti virtuali, è stato specificamente progettato per soddisfare le esigenze psicologiche degli equipaggi che si susseguiranno sulla Iss. E poi, dopo la chiusura, sulle altre stazioni spaziali che le subentreranno.

 

Il set è dotato di una nuova tecnologia di tracciamento integrata nella telecamera, sviluppata e adattata per funzionare in microgravità, inclusi sensori di tracciamento oculare per valutare meglio lo stato di salute mentale degli astronauti. I punti dolenti delle missioni sono ovviamente la scarsa privacy, l’enorme carico di lavoro e la separazione forzata dalle persone care. I dati raccolti dai sensori sono appunto fondamentali per il software, che ha lo scopo di “mantenere la salute mentale mentre si è in orbita”. Il visore HTC è stato inoltre ottimizzato per stabilizzare l’allineamento e, di conseguenza, ridurrele possibilità di nausee quando lo si indossa. Non il massimo, mentre si sfreccia a 400 km di quota.

 

A sperimentare per primo il visore sarà il 47enne astronauta danese Andreas Mogensen, che lo userà come fosse una sorta di terapista virtuale nei sei mesi di missione come comandante della Stazione spaziale, ruolo che ha assunto alla fine dello scorso settembre. Il carico dovrebbe arrivare molto presto, insieme ad altri materiali e rifornimenti in partenza il prossimo 7 novembre.

Tornando ai miglioramenti apportati per poter utilizzare un sistema simile in microgravità, il gruppo asiatico spiega di aver affrontato il problema dell’orientamento spaziale nel software collegando i suoi algoritmi di tracking a uno dei controller, che è stazionario e monitorato dalle telecamere e dal sensore di prossimità del visore. Ciò fornisce a Focus 3 il posizionamento relativo di cui ha bisogno per adattare il suo movimento a chi lo indossa evitando brutti scherzi e mal di testa (o di pancia). Allo stesso tempo, chi lo indossa può navigare nei menu utilizzando il tracciamento oculare o l’altro controller. Sarà un test importante anche per lo stesso dispositivo, che al momento è stato sperimentato in quelle condizioni solo per pochi secondi alla volta, nel corso di voli parabolici.

Secondo Eran Orr, fondatore e Ceo di XRHealth, Morgensen – che come tutti gli astronauti la realtà virtuale la conosce bene, visto che viene impiegata nel corso dei training a terra – potrà fruire di circa 10 video a 360 gradi. Alcuni girati in Danimarca, “con l’idea di provare a trasmettergli la sensazione di casa”. Sono poi inclusi brevi esercizi di respirazione e meditazione e aggiornamenti futuri potranno includere altre funzionalità in base agli occupanti e alle necessità. Un piccolo test, per ora, che però potrebbe aprire strade molto ampie. Basti pensare per esempio alla possibilità di sfruttare il visore per connettere gli astronauti a Terra non solo con le famiglie ma anche con i propri terapisti.



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Written by bourbiza mohamed

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