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Shutterstock e le immagini generate con l’IA: il copyright è di nessuno, i guadagni di tutti


“Abbiamo usato l’intelligenza artificiale per anni: per classificare il contenuto di foto e illustrazioni, facilitare le ricerche, suggerire soluzioni simili. Per questo convertivamo le immagini in testo, ma con l’IA generativa il percorso è inverso: dalle parole ricaviamo immagini “, spiega Lúí Smyth, responsabile per l’AI generativa e gli strumenti di creazione di Shutterstock. Fondata nel 2003 a New York, è stata tra le prime agenzie fotografiche a lanciare un generatore di immagini basato su intelligenza artificiale nel 2021, e lo scorso anno ha annunciato accordi con OpenAI ed LG: “Noi abbiamo fornito i dati, loro ci hanno permesso di usare tecnologie come Dall-E ed Exaone”.

In principio fu il rumore

Smyth è ad Amsterdam per il World Summit AI e inizia il suo intervento raccontando come vengono create le immagini nelle reti neurali. C’è qualcosa di poetico ed affascinante nel pensiero che tutto nasce da un rumore; all’inizio, infatti, qualche che sia la richiesta, il sistema genera qualcosa di molto simile a quello che si vede sullo schermo di una tv senza antenna: punti neri su un fondo bianco. Altri punti vengono aggiunti casualmente, finché alcune aree non diventano più scure e altre più chiare. Emergono luci e ombre, ma a questo punto riconoscere un’immagine è un po’ come sottoporsi a test di Rorschach. Man mano spuntano occhi, naso, orecchie, infine viene fuori il gatto che era stato richiesto per la prova. “Possiamo creare immagini che riflettono il mondo com’è, altre come vorremmo che fosse, altre ancora del tutto irreali o astratte, e infinite combinazioni tra queste categorie”. 

Le immagini create con l’AI, ci spiega più tardi in un’intervista esclusiva, possono essere usate per gli scopi più vari: “All’inizio pensavamo che la nostra intelligenza artificiale generativa sarebbe stata usata per delle ricerche specifiche, per cui non erano disponibili molti risultati nel nostro catalogo, col tempo ci siamo accorti che le persone cercano immagini stravaganti, insolite, interessanti, visivamente più sorprendenti di quelle che generalmente sono disponibili nelle classiche librerie di immagini stock. Spesso vengono utilizzate per storyboard o per avere un corrispettivo visivo di quello che si ha in mente. Le usano per post su blog, illustrazioni, specie YouTuber e influencer che hanno bisogno di illustrare in modo rapido e interessante le loro storie. E musicisti che vogliono creare le copertine dei loro dischi”. 

Il business

Il modello di business tipico di Shutterstock è simile a quello di Spotify: con un abbonamento, i clienti possono usare un certo numero di immagini al mese o all’anno (ma anche illustrazioni vettoriali, video, perfino musica), mentre ai creatori è riconosciuto un compenso ogni volta che viene scaricato un loro lavoro. I fotografi conservano il copyright sulle loro immagini, ma l’agenzia ha piena autorizzazione a commercializzarle, mostrarle e fornirle in licenza ai clienti sul suo sito anche senza l’approvazione finale del fotografo.

Così, in vent’anni, l’agenzia è arrivata ad avere un portfolio di oltre 734 milioni di immagini, che sono state utilizzate anche per addestrare la sua IA. Chi vuole può chiedere che il suo lavoro non sia usato per l’intelligenza artificiale, gli altri ricevono un compenso tramite un fondo creato apposta. “I nostri autori ricevono royalties sia dalle immagini generate attraverso la nostra IA, sia da accordi più ampi relativi a dati di computer vision (Shutterstock, oltre a OpenAI ed LG, fornisce immagini per addestrare l’AI a Meta, Google e Nvidia, tra gli altri, ndr), e tutto confluisce nello stesso fondo, che ha già versato milioni di dollari ai nostri autori, anche se non posso rivelare l’esatto importo”, spiega Smyth. “Il pagamento ricevuto è in proporzione alla quantità di asset forniti che vengono utilizzati per il training; quindi, più contenuti si hanno, maggiore sarà la parte di guadagni che arrivano dal fondo. Ovviamente le immagini devono essere originali e di qualità tale da soddisfare i nostri standard, non solo per le immagini ma anche per l’utilizzo dei relativi tag e metadati”. 

Le controversie

Il giudizio è umano, e la percentuale di immagini approvate si aggira intorno al 60%. Non è possibile caricare immagini di cui non si possa dimostrare la proprietà, eppure da qualche tempo è in corso una disputa con Wikimedia perché diverse foto e illustrazioni di Shutterstock sarebbero state prese dal sito dell’enciclopedia online senza autorizzazione né compenso. Gli autori non possono caricare sul sito nemmeno lavori realizzati con l’intelligenza artificiale, eppure certamente ne sono: di uno, in particolare si è discusso parecchio, perché sembrerebbe finito nel poster di Loki 2. Per la pubblicità della serie tv, Disney avrebbe utilizzato un’immagine presa da Shutterstock, che sembra realizzata con l’intelligenza artificiale, ma che nel catalogo dell’agenzia non viene segnalata come tale.

È una questione di fiducia, ma non solo: nel caso delle immagini create con l’intelligenza artificiale, di chi è il copyright? “Dal punto di vista legale le cose non sono molto chiare. Appartiene a chi ha generato l’immagine, a chi ha scritto il prompt, a chi ha elaborato il sistema, a chi ha creato le immagini con cui l’IA è stata addestrata? Probabilmente non troveremo mai una risposta univoca, ma il nostro modello di business si basa sulla vendita del diritto di utilizzare determinati contenuti ai nostri clienti. E lo stesso vale per i contenuti generativi: da noi si acquista il diritto – esclusivo oppure no – di usare una specifica immagine, ma non la sua proprietà”. La questione è assai complessa, il mercato delle immagini generate con l’IA in rapida crescita, e ciascuno ha la sua soluzione: Adobe, ad esempio, per la sua piattaforma Firefly ha usato solo materiale di cui detiene il copyright, lo stesso ha fatto Getty, che ha stretto un accordo con Nvidia. Il Ceo di OpenAI Sam Altman all’Italian tech Week promette di trovare un modo di ripagare i creatori le cui opere sono state usate per l’addestramento di Dall-E. Microsoft intanto spinge sulla generazione di immagini in Bing, mentre Stability AI, che produce Stable Diffusion, punta tutto sull’open source. 

Con Firefly Adobe porta l’intelligenza artificiale generativa su Photoshop


Un mondo migliore

E che succede se qualcuno scrive un prompt, un comando con cui viene generata un’immagine di grande successo? “Qui le cose si complicano. Si conserva sempre un diritto sul prompt in sé, probabilmente va riconosciuto un certo grado di creatività anche a chi scrive un prompt. Tuttavia, il nostro scopo non creare ingegneri del prompt, anzi il contrario: aiutiamo chiunque a trasformare in realtà quello che ha in mente”. Anche se non è si è esperti di fotografia o illustratori professionista, e infatti Shutterstock offre la possibilità di modificare immagini reali, utilizzando l’AI per adattarle alle esigenze di utenti e situazioni particolari. E a questo punto la domanda è inevitabile: che cos’è reale? “Stiamo lavorando con altre aziende impegnate nella generazione di immagini con AI per stabilire delle regole e definire uno standard per identificare questo tipo di contenuti”. Già oggi, nei metadati, è indicato che si tratta di immagini create dall’intelligenza artificiale generativa, ma modificarli non è difficile. “Non spetta a noi stabilire cosa è reale e cosa non lo è; se ci sono dei confini vanno stabiliti collettivamente. Come agenzia ci assicuriamo però che nelle immagini prodotte dalla nostra IA il bias sia compensato il più possibile, interveniamo per aumentare la diversità e assicurarci che siano presenti e rappresentati correttamente tendenze, culture, gruppi e minoranze”. Nello specchio deformante dell’IA di Shutterstock il mondo è già oggi migliore di quanto non sia nella realtà. 

 

 



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Written by bourbiza mohamed

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