Sono molti i temi che si accavallano all’interno della terribile vicenda del ragazzo di Bologna che si è tolto la vita in live e che su TikTok si faceva chiamare Inquisitor Ghost. Perché molte sono le subculture, i riferimenti e le estetiche che si intrecciano nelle vicende che nascono in rete e che ha volte la cronaca fa tracimare sulle prime pagine e nel mainstream.
La storia è già stata ampiamente descritta in queste ore, cerchiamo quindi di dipanarne i vari aspetti che la compongono per andare oltre letture facili e ricche di pregiudizi del tipo “ragazzo solo si rifugia nei videogiochi e si uccide”.
La prima e più importante cosa da dire è che se vi sentite in situazioni particolarmente stressanti, se pensate che nessuno vi stia ascoltando, se avvertite un senso di isolamento dovete sapere che non lo siete.
Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo +39 324 011 7252 o 02 23272327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24. Puoi anche chiamare i Samaritans al numero verde gratuito 800 86 00 22 da telefono fisso o al 06 77208977 da cellulare, tutti i giorni dalle 13 alle 22.
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Che cosa vuol dire cosplayer
Detto questo. Inquisitor Ghost viene descritto come un cosplayer. Di cosa stiamo parlando? Cosplay è una parola composta da Costume e Player e si riferisce all’atto di travestirsi come i propri personaggi preferiti di film, videogiochi, fumetti, serie tv e così via. È qualcosa che va al di là del semplice travestimento per Carnevale e sfocia nella celebrazione di personaggi che sono particolarmente amati da chi li interpreta o dai fan. In alcuni casi il cosplay può diventare un lavoro, soprattutto per personalità particolarmente famose all’interno delle comunità di riferimento che si ritrovano a collaborare con chi organizza eventi o direttamente con i produttori originali dell’opera di riferimento.
Data la bellezza e la ricercatezza di alcuni costumi i cosplay possono essere anche un modo per diventare particolarmente popolari sui social network, sia mostrando come si fanno i costumi o per la propria bravura nell’interpretare i personaggi. A volte il cosplay può prevedere la trasformazione di un personaggio maschile in femminile o viceversa, oppure mescolare più riferimenti pop per creare personaggi unici. Ecco perché in alcune scene Inquisitor Ghost appare con la spada laser rossa: mescolava due sue passioni. Call of Duty e Star Wars.
Perché Inquisitor Ghost si chiamava così?
“Inquisitor” è probabilmente un riferimento a Star Wars, visto che gli inquisitori sono un gruppo di personaggi della saga che si vedono soprattutto nei videogiochi e nelle serie animate, ma che recentemente hanno fatto la loro comparsa anche nelle serie tv di Ahsoka e Obi Wan. Per quanto riguarda invece “Ghost”, il personaggio che lo aveva reso famoso indossa la maschera di uno dei personaggi più iconici di Call of Duty, un titolo bellico con molti capitoli ambientato in periodi storici differenti e ricco di personaggi differenti. Tra questi personaggi c’è Ghost, un soldato che indossa sempre la maschera di un teschio, cosa non troppo rara anche per i soldati o i mercenari reali, di cui conosciamo solo il volto o gli occhi. Negli ultimi anni questo personaggio è cresciuto moltissimo come popolarità, non solo perché il macabro fascino di un soldato misterioso può fare presa sul pubblico ma perché il suo sguardo particolarmente vuoto, privo di reazioni, di chi ha visto fin troppo cose è diventato un meme, un modo per dimostrare il proprio stoicismo, anche ironico, nei confronti di situazioni particolarmente stressanti.
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Perché Inquisitor Ghost era famoso?
Perché mettendo in scena piccoli video travestito come Ghost aveva intercettato parte della community di Call of Duty e gli algoritmi di TikTok, come spesso accade, avevano alimentato questo successo. Purtroppo, accade molto spesso che questo successo attiri invidie, antipatie o il puro gusto di rovinare la vita agli altri che alimenta la parte più tossica delle community. Proprio in Call of Duty, ad esempio, è presente il fenomeno dello “swatting”, nome che deriva da SWAT, il corpo speciale della polizia statunitense che interviene nei casi più a rischio. In poche parole, lo swatting prevede il chiamare la polizia fornendo l’indirizzo di casa di uno streamer e segnalando che c’è un caso di ostaggi o una persona armata, con l’intenzione di assistere in diretta all’irruzione nella stanza del malcapitato. È la versione estrema dei finti allarmi bomba e nel 2017 un ragazzo è stato ucciso dalla polizia proprio in seguito all’irruzione in casa sua di agenti che pensavano di trovarsi di fronte a una minaccia armata.
Il caso di Inquisitor Ghost non rientra in questa casista ma in un più ampio contesto di contrasti fra appartenenti alla community di Call of Duty e dei creatori di contenuti e dei cosplayer che vi gravitano attorno.
La vicenda è ancora ben lontana dall’essere chiara ma ruota attorno a presunte accuse nei confronti di Inquisitor Ghost di essere un predatore sessuale e un “groomer”, per grooming si intende la pratica di persone adulte che esercitano la propria influenza su minori con lo scopo di “crescerli” a loro piacimento e avere con loro una relazione sessuale basata su una distorta relazione tra maestro e discepolo. Queste accuse si baserebbero su messaggi scambiati con una ragazza e diffusi dal suo ragazzo e a cascata da altri account legati al mondo del cosplay e di Call of Duty, messaggi che però sarebbero stati estrapolati dal contesto e addirittura ottenuti mentendo sulla propria età. La ragazza in questione, infatti, avrebbe 17 anni mentre Inquisitor ne aveva 23.
Più che una storia di videogiochi siamo dunque di fronte l’ennesimo momento di crudeltà feroce alimentata dalle meccaniche social, dal gusto di esporre qualcuno alla gogna e, forse, anche quella di attaccare qualcuno che sembra avere più successo nel medesimo ambito di creazione di contenuti.