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L’Ue dà a Meta 24 ore per fermare la disinformazione sul conflitto in Israele

Meta ha 24 ore di tempo per porre un freno al proliferare di disinformazione sulle proprie piattaforme. Altrimenti potrebbe incorrere in sanzioni. Il commissario europeo per industria e mercato interno Thierry Breton ha messo in guardia la holding di Instagram, Facebook e Whatsapp sull’aumento delle informazioni false sulle sue piattaforme. Il commissario ha dato alle società di Mark Zuckerberg un giorno per comunicare le sue misure e quali rimedi intende adottare. Un provvedimento analogo è stato preso ieri nei confronti di X (già Twitter) e Telegram. 

“A seguito degli attacchi terroristici perpetrati da Hamas contro Israele, stiamo assistendo a un’ondata di contenuti illegali e di disinformazione diffusi nell’Ue attraverso determinate piattaforme”, avverte Breton. Che sollecita Zuckerberg alla massima vigilanza al fine di “garantire il rigoroso rispetto delle norme del Dsa”, che prevedono “un’azione tempestiva, diligente e obiettiva” da parte delle piattaforme “a seguito di segnalazioni di contenuti illeciti” e l’introduzione di “misure di mitigazione proporzionate ed efficaci”.

Tra i video falsi, molti presi da videogame iperealistici 

In queste ore intanto i social sono invasi di video e foto che denunciano attacchi contro civili, uso di bombe al fosforo da parte dell’esercito israeliano, azioni di guerriglia da parte di miliziani di Hamas. Ma spesso questi video si rivelano falsi. A volte presi da videogame iperrealistici come Arma III, di cui sono diffusi fotogrammi o secondi in cui si vedono bombardamenti e elicotteri abbattuti. Video che a un occhio attento si rivelano quasi subito dei falsi, ma che spesso finiscono nel rullo di immagini, accuse e rivendicazioni. Aumentando la confusione e la polarizzazione delle opinioni che mai come in queste ore sembra caratterizzare i social.

Il commissario nella sua lettera a Zuckerberg fa riferimento agli attacchi terroristici di Hamas contro Israele dopo i quali “vediamo che vengono disseminati contenuti illegali e disinformazioni nella Ue attraverso certe piattaforme”. Non è un’esagerazione. Basta fare un giro sui social per rendersene conto. Molti analisti ritengono la diffusione di false informazioni sui social in queste ore “senza precedenti”. 

Colpa di X e di Telegram, dove il controllo è poco o nullo, sostengono alcuni. Colpa del conflitto stesso, che vede contrapposti la Palestina a Israele, uno dei temi più divisivi di sempre, sostengono altri. Ma c’entra forse anche un altro elemento. La diffusione capillare di account a pagamento. Account verificati con spunta blu con otto euro al mese, che guadagnano credibilità e popolarità grazie al gettone pagato alle piattaforme. Instagram, X o Telegram, poco importa.

 

La verifica a pagamento spinge i contenuti. Anche se non veri e smentiti

Justin Peden, un ricercatore di Osint (un progetto di Intelligence Open Source con l’obiettivo di indagare e verificare le informazioni online) ha scritto su X che per diverse ragioni “questo è il momento più difficile che abbia mai vissuto per coprire una crisi”. Il motivo? “I link che possono essere più affidabili, quelli dei media tradizionali, ora su X sono semplicemente foto. I reporter sul campo faticano a raggiungere il pubblico avere la spinta della spunta blu a pagamento”.

I reporter sul campo hanno difficoltà a raggiungere il grande pubblico, sostiene il ricercatore. In compenso qualsiasi persona da casa e con la spunta blu a pagamento può assicurarsi un pubblico molto più vasto diffondendo notizie artefatte. L’opposto del giornalismo dal basso, partecipativo.





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Written by bourbiza mohamed

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