A Gaza si entrava così. Arrivavi di primo mattino a Erez, il check-point israeliano al confine settentrionale della striscia, mostravi le credenziali di giornalista ai soldati o alle soldatesse di turno nei gabbiotti blindati ad aria condizionata, venivi interrogato su dove andavi e perquisito con il metal-detector. Nel frattempo, alzando lo sguardo nella direzione opposta, vedevi centinaia di palestinesi in fila per fare il percorso inverso, uscire da Gaza e andare a lavorare in Israele: i pendolari che si guadagnavano da vivere nello Stato ebraico, come carpentieri, agricoltori, meccanici e ogni sorta di mestiere, per rientrare nella striscia alla sera e portare in famiglia un salario in shekel, la valuta nazionale israeliana, che è poi la stessa in vigore…