in

Lo sguardo di Francesca Volpi sul conflitto in Ucraina- Corriere.it


di Daniela Atropia

Una mostra della fotoreporter bresciana ricostruisce le tappe della guerra

Lo sguardo di Francesca vola sulla guerra. Da una prospettiva ampia, ma al tempo stesso profonda. Si sofferma su alcuni bambini nella penombra di un rifugio a Donetsk, si spalanca sulle proteste di Euromaidan, cattura la tristezza di un soldato che torna dalla battaglia, oppure ritrae l’improbabile geometria di una famiglia che si stringe sotto un ombrello in una resistenza silenziosa. Otto anni di duro lavoro, all’inizio nemmeno previsti, circa mille scatti da cui selezionare ci che pi parla alla coscienza o al cuore. Il suo un mondo dolente che ricostruisce la storia, che denuncia. Che brucia. A quasi un anno dall’invasione russa del 24 febbraio 2022, Francesca Volpi, fotoreporter bresciana, ci narra in 57 scatti di grande potenza il conflitto in Ucraina. Lo fa con la mostra “Ucraina cronache di guerra, fotografie dal 2014 al 2022”, supportata da BCC Agrobresciano e con il patrocinio del comune di Brescia, nell’ambito di Bergamo Brescia, Capitale Italiana della Cultura 2023.

L’appuntamento al MO.CA fino al 26 febbraio (l’apertura stata prolungata soprattutto per permettere alle scuole di partecipare). Le opere in mostra coprono un periodo che va dal 2014 al 2022: uno sforzo documentaristico che ha portato Francesca a vivere lunghi periodi in zone pericolose. L’allestimento presenta tre sezioni dedicate alle proteste del 2014 a Kiev, alla successiva annessione della Crimea, alla nascita dei movimenti separatisti nell’est del Paese, cos come all’inizio della guerra in Donbas e all’attuale invasione russa. Un’occasione unica per recuperare le radici di una tragedia e restituire giustizia alla cronaca dei fatti al di l dei balbettii della propaganda.

Ho voluto mostrare lo sviluppo della guerra nel suo lungo cammino, partendo dal 2014 fino ad oggi, attraverso gli eventi di cui sono stata testimone spiega Francesca che nel 2014 acquist un biglietto di sola andata per Kiev pensando di rimanervi soltanto un paio di settimane. Sulle pareti del MO.CA le sue fotografie tracciano una mappa: polvere, sangue e volti in cui possibile leggere le trame di una vicenda complessa, fatta di devastazioni, ma anche di situazioni quotidiane non urlate, profondamente umane cos come piace a lei. Da sempre sono interessata a ci che accade ai civili pi che ai combattimenti della frontline. Mi sforzo di cogliere il lato umano. Cerco gli sguardi, le storie dietro alle cose. E in effetti le sue fotografie parlano sempre dell’umano, anche attraverso la cenere dei palazzi distrutti, dei soffitti sfondati. Lo urla per esempio lo scatto di un uomo ucciso nel 2015 a Kramatorsk mentre tornava a casa con la spesa, in cui il particolare dei biscotti caduti per terra denuncia una quotidianit profanata, cos come colpiscono le tombe vuote scavate a Dnipro per i soldati (dove l’uomo presente proprio nella sua assenza), ma anche l’impegno dei volontari che raccolgono la sabbia sulla spiaggia di Odessa nel 2022 per costruire barricate.

Ad accompagnare le fotografie c’ anche un video in cui le proteste di piazza e la voce delle sirene sono l, puntuali, a raccontarci i risvolti di un conflitto sfociato, come un treno impazzito che nessuno ha saputo o voluto fermare, nell’invasione russa del 24 febbraio dell’anno scorso. Sono stata un po’ dappertutto. In Donbas e in Crimea — continua Francesca — Ho visto in azione sia i separatisti filorussi, sia l’esercito ucraino quando si mosso per la prima volta, ho assistito alla fuga da Kiev quando iniziata l’invasione. Ho cercato di raccontare la guerra da dentro e su pi fronti. Quando sono tornata a casa dopo l’ultimo viaggio molti mi chiedevano increduli se fosse tutto vero. Io rispondevo che purtroppo s, c’era un invasore e che la gente era sotto le bombe. Oggi la gente sempre l.

Francesca Volpi, 37 anni, ha iniziato a fotografare non per caso, sin da un primo viaggio in Egitto nel 2013 in cui document la deposizione del presidente Morsi. Ha studiato a Londra, vinto premi prestigiosi e oggi collabora fra gli altri per Bloomberg News, Wall Street Journal, Washington Post e New York Times. Eppure in lei resta la schiettezza della ragazza bresciana di quando ha iniziato: Mi sento profondamente legata a Brescia, quando guardo la Maddalena penso a mio padre che purtroppo mancato. Da giovane ho voluto allontanarmi per fare esperienze, ma oggi sono tornata e condivido con affetto e orgoglio il lavoro che ho fatto con la mia citt. Ha un modo di fare amabile Francesca, ma al tempo stesso riservato, soprattutto non desidera essere considerata una fotoreporter di guerra: Non sono una “conflict photographer”. Non cerco la guerra in quanto tale. Voglio solo capire cosa accade alla gente in situazioni di conflitto anche ambientale, sociale spiega lei, che stata una delle rarissime fotografe donne a coprire la pandemia.

Non mi piace l’atteggiamento di certi colleghi che alimentano il mito di s, che enfatizzano il loro machismo in situazioni di pericolo. Preferisco chi ammette di avere paura. A Kiev, nel 2022 personalmente ho avuto davvero paura: la citt era piena di cecchini, i bombardamenti imprevedibili. Nel mondo dei fotografi mi piacerebbe che ci fossero pi occhi femminili, prospettive diverse. E infatti Francesca un membro attivo della Women Photograph Organization che tenta di cambiare la composizione di genere della comunit giornalistica. Domandiamo se c’ un’immagine che le sia particolarmente cara. Lei per un attimo sembra inseguire quei mille scatti da cui nata la sofferta selezione in mostra. Il ritratto del soldato ucraino che tornava dalla battaglia perduta di Debaltsevo nel 2015. Mi colp il suo sguardo: c’era un mondo intero intrappolato dentro, muto, congelato.

Nel suo lungo viaggio attraverso l’Ucraina in fiamme Francesca non ha riportato solo immagini ma anche ricordi che ancora emozionano. Basta un aneddoto e gli occhi le si illuminano. Ha uno sguardo bellissimo questa reporter nomade, che predilige i lavori long term e “cacciatrice di sguardi”, con una nota di tristezza, come se un nuvola scivolasse sul fondo o vi si depositasse un pizzico di cenere: Ricordo una notte in una stazione ferroviaria insieme alla gente in fuga. Una donna Ucraina mi port una pagnotta e del t. In mezzo all’uragano che stava travolgendo il suo popolo lei si preoccupava per me. Degli ucraini mi ha sempre colpito il loro grande senso comunitario e la risposta pratica che sanno dare alle emergenze.

Chiediamo se abbia intenzione di tornare in Ucraina: S, il mio lavoro non concluso, c’ ancora tanto da capire. Io credo che la fotografia sia un potente strumento di testimonianza. Chiarissima. Solo il tempo della mostra e di godersi l’abbraccio stretto di Brescia, di guidare lei stessa gli studenti durante le visite; poi di nuovo sul campo a fare quel buon giornalismo che non teme di “consumarsi la suola delle scarpe”, capace di aprirci gli occhi, di dirci cosa accade dove il nostro sguardo non arriva. Daniela Atropia La mostra presso il MO.CA, Palazzo Martinengo Colleoni in via Moretto 78 a Brescia, a ingresso libero fino al 26 febbraio da marted a venerd dalle 15 alle 19 e sabato e domenica dalle 11 alle 19. Nell’ambito dell’evento possibile acquistare il catalogo e alcune fotografie selezionate.

Per informazioni e visite guidate per le scuole, su prenotazione nei giorni feriali anche la mattina, contattare il numero +393883278463.

20 febbraio 2023 (modifica il 20 febbraio 2023 | 15:26)



Leggi di più su corriere.it

Written by bourbiza mohamed

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Allarme “desertificazione”, in provincia hanno chiuso 68 sportelli bancari: due comuni restano senza

Belluno, rapina al market di Ponte nelle Alpi: fermati 4 minorenni, uno va in carcere