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Silvia De Bon, la pilota di 22 anni che è atterrata sulle Dolomiti: «Ho fatto “cadere” l’aereo di pancia. È sbagliato ma ci ha salvati»


diLorenzo Pastuglia

Il racconto dall’ospedale: «Più si tira la cloche più la velocità scende e si precipita. Andavamo contro la montagna e ho cercato di mettere l’aereo in piano col pendio. Lo schianto? Non ricordo nulla»

«Quando il motore perde potenza l’aereo inizia a precipitare. Mentre succedeva ho pensato: “C…o, adesso mi schianto”. Poi ho solo tentato di appianare l’aereo al pendio… Sono stata fortunata». Nemmeno 24 ore fa Silvia De Bon ha portato a terra il piccolo aereo da turismo su cui volava assieme al fratello Mattia e alla sua fidanzata, Giorgia Qualizza. È atterrata tra le cime del Lagorai. Roba che i Top gun neppure sognano. Ora, la 22enne di Longarone è ricoverata all’ospedale di Trento. Dal letto della sua stanza, reparto di chirurgia-degenze brevi, la pilota ripercorre e racconta i momenti dell’incidente accaduto mercoledì 28 dicembre, a quota 2.100 metri, nel cuore delle Dolomiti trentine. Silvia ha guidato il Piper, arrestandolo cento metri sotto il bivacco «Paolo e Nicola», in Val di Fiemme. La manovra di emergenza ha salvato tre giovani vite (Mattia ha 27 anni, Giorgia uno in più). Silvia ha un collarino al collo, bende alla parte sinistra del volto e qualche dolore alla schiena. Nella vita è capo dell’accoglienza dell’hotel Alaska a Cortina d’Ampezzo. In montagna, invece, la zona dove si trova l’aereo da turismo, un Piper PA28, è stata messa in sicurezza. Nella mattinata di giovedì, infatti, il Nucleo elicotteri della Provincia di Trento ha trasportato ai piedi di Cima Cece il Nucleo Saf del Corpo permanente dei vigili del fuoco del capoluogo: il mezzo è stato ancorato a un masso affinché non scivolasse verso valle, mentre il serbatoio è stato svuotato. Sul posto anche il Soccorso alpino della guardia di finanza per le indagini di competenza: sul caso c’è una doppia inchiesta, dell’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) e della Procura di Trento.

Cosa ricorda di quei momenti?
«Dovevamo sorvolare la cima di Cece, ci stavamo passando sopra, ma tra il freddo e l’aria più rarefatta il motore ha perso potenza e calava di giri. Sono arriva poco sotto la vetta e ho provato a tirare su il mio aereo, ma dopo che il motore diminuisce di potenza a una certa velocità, inizia a precipitare. Ho solo pensato dentro di me “C…o, adesso mi schianto”. Poi ho solo tentato di appianare l’aereo al pendio. Sono stata fortunata, dal momento del botto all’istante successivo non ho poi un ricordo preciso ma un vuoto».

Da che momento ricorda?
«Da quando mi sono svegliata. Avevo la parte sinistra del volto piena di sangue, dopo aver battuto la testa contro il vetro. Con mio fratello Mattia e la sua ragazza Giorgia (Qualizza, ndr) siamo usciti dal mezzo: lui ha chiamato il numero d’emergenza del 112, inviando la posizione esatta, io mi sono preoccupata di chiamare l’Aeroclub Belluno (proprietario legate del Piper PA28), avvertendo di quello che era successo. Anche perché era tardi, le 16.25, e dovevo rientrare».

Il movimento che ha effettuato alla fine era quello giusto?
«Di norma è sbagliato, perché più si tira, più la velocità diminuisce e l’aereo cade. Sapendo di andare contro alla montagna, ho fatto di tutto per mettere in piano l’aereo rispetto al pendio, atterrando di pancia. Se fossi andata a schiantarmi in maniera dritta, avrei distrutto il muso e le conseguenze sarebbero state peggiori. Così come se avessi provato a tornare indietro: avrei centrato il costone e distrutto tutta la parte laterale del Piper. In quel momento la cosa più giusta era probabilmente fare così».

Che tragitto avevate deciso di fare?
«Con Mattia e Giorgia, volevamo fare una gita di svago post-natalizia. Siamo partiti da Belluno e volevamo andare a Bolzano. Prima di dirigerci verso l’Alto Adige, però, abbiamo fatto una sosta a Trento. Quindi, dopo Bolzano, saremmo voluti tornare indietro passando per Cortina d’Ampezzo, ma dato che era troppo tardi, ci siamo detti di tagliare per Predazzo, così da arrivare a Feltre e da ritornare definitivamente a Belluno. Quindi c’è stato l’incidente».

Suo padre Ettore diceva che già dall’accensione l’aereo aveva dei problemi, è vero?
«Sì, ma i problemi di accensione non centrano nulla con quelli di perdita di giri del motore, è una causa che succede spesso agli aerei quando l’aria è fredda. Bisogna dare un po’ di potenza in più al propulsore per accenderlo, effettuando una procedura precisa».

Mattia e Giorgia ricordano nulla dell’incidente?
«So che hanno visto tutto, ma sinceramente non ho chiesto nulla a loro. Provo solo paura a domandar loro i sentimenti che hanno sentito. Giorgia mi ha detto di aver visto tutta la scena, e di avere negli occhi anche il momento dell’impatto».

Era da poco tornata dagli Usa.
«Precisamente a fine novembre, dove ho conseguito il brevetto americano. Per arrivare alla licenza commerciale, infatti, serve accumulare delle ore di esperienza, che noi diciamo “di riempimento”. Sono andata là, ho volato quanto mi serviva e sono tornata in Italia».

Dopo essere scampata a questa tragedia, tornerà ancora a volare o farà contento suo padre che spera smetta?

«Mi dispiace, ma mio padre io non lo ascolto. Gli dico sempre: “Se tutte le persone che fanno un incidente stradale smettessero di guidare la macchina, non guiderebbe più nessuno”. Vero che quando si è per aria le cose non sono uguali, ma il concetto è simile. Se faccio un incidente non mi faccio spaventare, io la determinazione ce l’ho, voglio diventare una pilota di linea, tipo quelli Ryanair. Poteva succedere a chiunque e anche in altre occasioni: se fossi stata in strada, tornando a casa, o se mi stessi dirigendo in aeroporto».

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29 dicembre 2022 2022 ( modifica il 20 febbraio 2023 2023 | 09:30)



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Written by bourbiza mohamed

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