Se lo chiamiamo “maltempo” è per abitudine, certo. Le nostre nonne dicevano “maltempo”, le nostre madri hanno detto “maltempo” e diciamo “maltempo” anche noi, pure se quando lo facciamo la nostra prole oramai ci guarda storto. Ma oggi non è più quella a cui eravamo abituati, l’abitudine. È un’industria. Su di essa lavora l’algoritmo per cui, se non usate l’abitudinaria etichetta di “maltempo”, per quanto sopraffino su Google il vostro “contenuto” non apparirà.
Il “maltempo” è come la malora, una jella che discende da ostilità degli dèi o capriccio del fato e che poi si ricorderà millimesimandola: “l’Alluvione del 1956” come “il Terremoto del 1980” o “la Spagnola del 1918-20”, una disgrazia che non prevedi e non governi. Non da trascurare neppure il richiamo del vieto “mala tempora currunt”, con quel solito equivoco fra il tempo storico e il tempo che fa.
Ma oggi è ancora, davvero, “maltempo”? Il dubbio è lecito, anche se lo si rafforza con l’indicazione: “emergenza maltempo”. Avendo in Italia tre concerti in tre mesi, persino Bruce Springsteen è arrivato due volte su tre dopo altrettanti eventi eccezionali, in Romagna e in Lombardia. Si sarà fatto l’idea che questa emergenza è emersa stabilmente, è qui per restare.
Gli eventi di questi giorni hanno peraltro abbassato molto le voci, solitamente vivaci, che negano l’esistenza di un processo di cambiamento climatico in atto. Vuol dire che si stanno convincendo di aver avuto torto o che lasciano libero sfogo alla comunicazione emotiva legata ai disastri e anche ai lutti di questi giorni? Chi non è climatologo non può avere opinioni molto interessanti al riguardo. Ma chi si occupa dei modi in cui si costruisce il senso potrà e dovrà notare dove sta la differenza fra gli eventi odierni e quelli precedenti. La differenza sta nel tipo di durata. In passato nubifragi, trombe d’aria, alluvioni erano fenomeni isolati. Nel giugno del 1982 un nubifragio impressionante fece cadere alberi a Milano, dove nulla di grave successe più sino alla storica nevicata del 1985. Oggi negli stessi giorni si abbattono eventi che sgomentano soprattutto gli anziani proprio perché sono inediti e una volta che sono capitati si ripetono.
Così “climate change” o “cambiamento climatico” non sono soltanto slogan e hashtag da Cassandre: parlano di eventi non più istantanei ma ripetuti, quasi continui, tali da indicare linee di tendenza.