Alla recinzione degli ex Ospedali riuniti la targa che commemora la presenza dell’istituto e i 5.770 neonati che si sono passati. L’iniziativa di un ex ospite
Oggi ospitano la sede del comando provinciale della Guardia di finanza. Un tempo, però, dietro al cancello al civico 22 di via Statuto si trovavano i padiglioni della maternità dell’Ospedale Maggiore e, accanto, il brefotrofio, l’istituto che accoglieva i neonati abbandonati o a rischio di abbandono. In questo edificio, dal 1928 al 1975, furono curati e accuditi 5.770 bambini. E nonostante quel che si può ritenere, quei bimbi «non erano tristi, ma allegri. Si respirava un’atmosfera talmente familiare che, rimasto vedovo a 22 anni, ho portato qui con me anche le mie due gemelline (Laura Adele e Saba, ndr)». Erano gli anni Sessanta e tra le persone che in quel periodo hanno lavorato al brefotrofio c’era anche il giornalista Vittorio Feltri.
In tempi più recenti è stato lui che insieme a Giuliano Maffeis, uno dei tanti bimbi accolti tra quelle mura prima dell’adozione (qui visse due anni), ha chiesto e ottenuto che il Comune di Bergamo collocasse una targa in ricordo di «un pezzo di memoria della città», come sottolineato ieri dal sindaco Giorgio Gori mentre veniva svelata. «Questo edificio — sottolinea Gori — fu soprattutto un luogo di cura, umanità e speranza, dove l’assistenza amorevole ed efficiente ha regalato a migliaia di bambini la possibilità concreta di un futuro migliore». Tra loro, appunto, Maffeis che, coincidenza del destino, ieri ha festeggiato il compleanno: «Sono nato qui il 23 febbraio di 60 anni fa alle 11.35, lo stesso orario dell’inaugurazione della targa. Credo ci sia un significato dietro ogni cosa. La ricerca delle mie origini è iniziata nel 2013, ma è come se questi muri mi appartenessero. Serviva qualcosa che ricordasse la storia della struttura».
Vittorio Feltri al brefotrofio non ha lavorato a lungo, due anni in tutto, ma il timbro di quel luogo gli è rimasto nell’animo. Assunto dall’Istituto provinciale di assistenza materna infantile, ha dato un nome, ma soprattutto un cognome, a decine e decine di bimbi. «Siccome allora ero di sinistra — racconta — non sopportavo che si dessero nomi che poi rendessero riconoscibili a distanza di decenni le origini del bambino, come Diotallevi. Così, contro le regole, davo cognomi tipici di Bergamo, come Belotti. E quando i miei capi si sono accorti mi hanno trasferito al manicomio». Oltre ai bimbi, Feltri ricorda le mamme: «Qui venivano ospitate anche loro, rimanevano fino a 2 anni, finché i bimbi venivano adottati. Lo sono stati quasi tutti. Era una grande famiglia, non lo dico per retorica ma per testimonianza diretta. Qui ho trovato una moglie (Enoe Bonfanti, ndr) con cui siamo insieme da 55 anni. Il brefotrofio mi ha portato fortuna e mi ha insegnato ad essere paziente, perché quando si lavora con i bambini va esercitata il sentimento e la pazienza». E prima che la commozione prenda il sopravvento dice con ironia: «L’unica cosa che non mi piaceva era lo stipendio, non era eccezionale, ma poi mi sono rifatto».
Lo svelamento della targa, approvato in giunta a inizio 2020, è stato rallentato dalla pandemia. «Non volevamo inaugurarla in tono minore — specifica l’assessore Giacomo Angeloni —, perché qui è stata data una speranza di vita a chi non aveva i genitori». E perché, ricorda il direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII Maria Beatrice Stasi, «nessuno è isolato, tutti abbiamo un passato e soprattutto un futuro». Mentre il colonnello Marco Filipponi, comandante provinciale della Guadia di finanza, evidenzia «l’alto valore sociale delle funzioni svolte da chi ha operato in questo edificio». Per un anno e mezzo, vi ha lavorato come puericultrice anche Maria Carmen Vitali, prima di diventare un’operatrice della Neuropsichiatria infantile: «Erano bei tempi, d’estate con i bimbi nel passeggino facevamo il giro delle piscine. Essere qui oggi è emozionante, anche se è tutto diverso»
24 febbraio 2023 (modifica il 24 febbraio 2023 | 08:39)
© RIPRODUZIONE RISERVATA