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Romina Vento uccisa nel fiume dal compagno Carlo Fumagalli, la mamma: «È sempre con me, vive negli occhi dei figli»


diMaddalena Berbenni

La donna faccia a faccia in aula con l’imputato che ha annegato sua figlia nell’Adda, a Fara, il 19 aprile 2022. Alla prima udienza, la battaglia degli avvocati sull’aggravante da ergastolo

«Sento Romina in ogni momento presente accanto a me. Anche oggi». Sofia Venerina affronta tutto il suo dolore a testa alta, con lo sguardo rivolto verso i giudici mentre nell’aula della Corte d’Assise gli agenti della polizia penitenziaria scortano Carlo Fumagalli. È il padre dei suoi due nipoti e l’uomo che le ha portato via la figlia Romina Vento, uccisa nel fiume a 44 anni il 19 aprile, terminato il turno in fabbrica a Fara Gera d’Adda, dove viveva. Si stavano separando, lui andò a prenderla e — disse lui — in preda a un raptus si lanciò con l’auto di famiglia dall’argine. Ha ammesso anche di aver spinto la donna sott’acqua.

Fumagalli, operaio originario di Vaprio, il 18 marzo compirà 50 anni. Appare impassibile e fisicamente molto diverso dalle fotografie pubblicate dopo il delitto. Il dolore, nella prima udienza del processo per omicidio volontario aggravato, è anche quello del suo primogenito, che ha quasi trent’anni e assiste nei posti riservati al pubblico, con una persona cara accanto. Si avvicina alla gabbia degli imputati soltanto alla fine e saluta con lo sguardo il padre prima che faccia ritorno in carcere. È il lato umano tra le questioni meramente giuridiche di questa fase iniziale.

«Anche se il dolore e il vuoto sono e saranno insuperabili nella vita di ogni giorno — le parole che Sofia Venerina ha affidato al suo avvocato Eleonora Radaelli —, Romina vive negli occhi dei suoi figli e, grazie anche all’amore trasmesso al fratello, mi dà la forza di andare avanti». Sono loro, nonna e zio, a prendersi cura dei nipoti, una ragazza che oggi ha quasi 17 anni e che quella sera scoprì la tragedia dai social, e un ragazzino di 11. Tutti e quattro si sono costituiti parti civili (Luca Vento, anche lui presente in aula, con l’avvocato Matteo Anzalone e i figli con Cristina Maccari).

Hanno pronta una lista di testimoni, ma potrebbero rinunciarci e contribuire all’istruttoria lampo di un caso senza misteri, che quasi certamente, prima dell’ultima riforma sui reati da ergastolo, si sarebbe chiuso in udienza preliminare con il rito abbreviato (che garantisce lo sconto di un terzo della pena). È ciò a cui non smettono di puntare gli avvocati Luca Bosisio e Carmelo Catalfamo. Davanti alla Corte d’Assise del giudice Giovanni Petillo (a latere Andrea Guadagnino) tornano a sollevare una questione di illegittimità costituzionale sull’aggravante contestata, quella della convivenza «more uxorio» (Fumagalli e Vento vivevano ancora insieme e avevano una relazione stabile). La difesa ritiene «irragionevole» la disparità di pena tra questa aggravante e quella prevista nel caso in cui vittima e imputato siano ex conviventi: da una parte l’ergastolo e dall’altra il carcere tra i 21 e i 24 anni. «Ma mi sembra più grave la situazione di una persona che va a cercare l’ex convivente per attingerla a morte rispetto a un raptus tra persine che convivono stabilmente», evidenzia Bosisio.

I giudici si esprimeranno sul punto durante la prossima udienza del 1o marzo. Dovessero respingere l’istanza, procederanno con l’esame di Fumagalli, che ha acconsentito a rispondere alle domande anche del sostituto procuratore Carmen Santoro. Non è più un tema il disagio psicologico che manifestò subito dopo l’omicidio. L’operaio, in effetti, era in cura e il 19 aprile si era mostrato molto agitato ai colleghi e ai familiari. Romina aveva ricevuto più di una telefonata mentre era al lavoro al pastificio Annoni. Il consulente chiamato in causa dal pm nella fase delle indagini, tuttavia, ha concluso che fosse pienamente in sé quando uccise, o comunque che era in grado di intendere e di volere. Sapeva cosa stava facendo. Una valutazione rispetto alla quale la difesa non ha sollevato dubbi.

Fumagalli fu intercettato dai carabinieri del Nucleo operativo di Treviglio mentre vagava con gli abiti fradici a Vaprio d’Adda, non lontano dalla casa dei genitori. Nei successivi interrogatori, con il pm e il gip, spiegò di avere perso la testa dopo che Romina gli aveva confermato la volontà di separarsi. Il loro amore era finito. In pochi attimi lo è stato anche tutto il resto.

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25 febbraio 2023 ( modifica il 03 giugno 2023 | 14:50)



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Written by bourbiza mohamed

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